| Se siete amanti come me delle analisi e classifiche su un vostro hobby prediletto, spero quel che segue vi piacerà. Feci qualcosa di simile su un forum in lingua inglese per gli ultimi tre capitoli della serie di videogiochi Elder Scrolls, e ho su cellulare qualcos'altro di affine per i film/libri basati su/scritti da Agatha Christie. L'altro mio grande amore in campo film/libri/videogames è il libro Il piccolo principe, ma non si presta a paragoni/classificazioni/duelli essendo uno stand-alone invece di un collettivo di produzioni in serie. Allora, veniamo ai fumetti, con particolare riferimento ai Bonelli, mia casa editrice preferita poiché semplicemente non ci sono altri stili di produzione e contenutistici di fumetti che mi piacciono come invece mi piacciono i Bonelli, proprio a livello di trame (i Bonelli spesso se non quasi sempre sono basati su un mistero e una relativa investigazione) e di approccio (che si prende sul serio, dall'alta cura e stile realistico, non esagerato, non fondato sulla azione fine a sé stessa) alle stesse e impostazione generale (basata perlopiù sul fascino di una serialità serrata senza termine fisso di personaggi che incarnano un certo tipo di genere o particolarità, cercando di spaziare coprendoli grosso modo tutti). Potrei citare difetti come l'eccessivo affidamento al bianco e nero, o a colorazioni che, quelle poche volte che ci sono, non sono di qualità o valorizzate dal formato/adeguate al disegno (anche se c'è da dire che colorazioni di qualità a una serialità serrata sarebbero impraticabili perché occorrerebbero tempi più dilatati e/o comunque costi, e quindi prezzi da sborsare per il lettore, ben più elevati... insomma, o serialità costante o accontentarsi di poche storie ben presentate e valorizzate a colori? scelgo la prima, preferisco la completezza di una serie per averne tutte le sfaccettature come un mosaico completo, anziché frammenti di esso... e poi la bellezza di avere ogni mese appuntamenti in edicola a incrementare questi mosaici...e i Bonelli hanno proprio il grande pregio di esser quelli che soddisfano di più il lato collezionistico e completista per quantità seriale e composizione di un grande mosaico di una serie);o il difetto del finire per perdere il brio iniziale quando si sforano le 200 o 300 storie di un personaggio. Ma sono difetti che alla fine svaniscono se messi di fronte al grosso appeal che hanno su di me per i loro punti di forza detti prima, che invece produzioni Usa (supereroi?mi sono sempre sembrati diretti a un target adolescenziale o troppo improntati all'azione fine a sé stessa [esatto opposto di ciò che cerco] con vene di commedia che non mi interessano affatto), francesi (serialità quasi assente oppure enormemente dilatata, prezzi alti per poche tavole, storie solitamente troppo brevi,storie spesso di difficile comprensibilità perché presentando personaggi ogni volta nuovi si viene gettati subito "nella mischia" senza avere l'adeguato background... poi c'è da dire che io sono un mezzo amante degli spiegoni e mi pare che i francesi non lo siano e le storie non sembrano affatto ruotare a una investigazione e svelamento spiegato del mistero), giapponesi (stile di disegno non confacente ai miei gusti, sembrano prendersi poco sul serio e quindi io stesso non riesco a prenderli sul serio, raccontano generi solitamente non nelle mie corde,formato troppo piccolo, stile lettura inverso, troppo commedie e laddove non sono solo commedie sembrano troppo fuori dalle righe/sensazionalistici/esagerati/non realistici), graphic novel (stile disegni totalmente fuori dai miei gusti, assenza di serialità, mancanza di un criterio con cui basarsi sul selezionarli,tanto vale guardarsi un film o leggersi un libro se devo prendermi un fumetto che si basa su un qualcosa che riesce meno bene di un libro o film analogo perché non sfrutta le potenzialità insite del fumetto e cerca di concorrere con i punti di forza dei suddetti due modi di raccontare storie) non hanno.
Dicevo, i Bonelli. Come classificarli? Credo che ci siano 7 grossi criteri. Ho scelto poi le mie 7 serie preferite, e ciascuna, come si vedrà, eccelle proprio in uno di questi 7, ogni volta differente dagli altri 6. Queste serie sono (in ordine di data di esordio) Martin mystere, Nathan never, Magico vento, Brendon, Julia, Le storie, Dragonero. Per comodità, indicherò i criteri con prefissi alfabetici. A) Continuity. Il fascino di avere un filo continuo, una storia che si protrae, ad ampio respiro, che porta tasselli nuovi all'interno dell'unitarietà della visione di insieme dell'autore o degli autori, fino a una compiuta conclusione. Il fascino dell'attesa, del farsi domande su come evolverà, il cogliere rimandi a puntate precedenti... il fascino del progetto a lungo termine di un racconto complesso. Ma... come avere ciò in un prodotto seriale potenzialmente infinito, o quasi infinito? Quasi impossibile. Allora avrei dovuto prendere le miniserie Bonelli degli anni 2000, iniziate con Brad barron e terminate con Shangai devil? o le mini-mini-serie successive? O Orfani, basato sulla continuity sì, ma estremamente dilatata, brodo-allungato, stirata per arrivare a 54 albi? Prima di tutto non son certo un fan di Recchioni, sempre stato con stile sborone (anche nei suoi interventi nei forum) applicato ai suoi personaggi, ai suoi dialoghi, alle sue storie, fino agli estremi (John doe su tutti) quasi fino al nonsense, grottesco e caricaturale. Inoltre qui prendo, come avrete visto, serie che hanno superato i 100 numeri, quindi serie che hanno incontrato una massiccia serialità tali da considerarle a pieno titolo classiche serie Bonelli per come Bonelli stesso le intendeva e le amava, e come io stesso le amo. Ma come affrontare una continuity in tali lunghissime serie? Certamente non ogni singolo episodio porterà avanti un'unica trama principale, ma ci possono essere più trame portate avanti, non per forza contemporaneamente, ma magari a "saghe" una alla volta. Ci saranno episodi "filler", di tanto in tanto, ma questi, pur non facendo strettamente parte di una continuity in senso stretto, andranno ad arricchire il mondo e le atmosfere all'interno del quale opera l'eroe bonelliano (e qui si va a "sforare" su un altro dei sette criteri, il criterio D). Oppure può essere solo una la trama principale, e sebbene non sempre presente (fin troppo arduo architettare una storia unica di oltre cento albi quindi oltre diecimila tavole) si potrebbe intravedere che tutto, con contributi sottili e di importanza più o meno relativa ai fini della trama stessa, concorre a supportarla: insomma tutto va in quella direzione, in ogni albo o quasi, come tasselli preparatori uno dell'altro. Quale serie di lungo termine a mio avviso ha incarnato o sta incarnando meglio di tutte la Continuity: Magico vento. Perché? vedi mia ultima opzione relativa ai modelli possibili di fare continuity in una serie a lungo termine in stile Bonelli. Direi che lo ha fatto al meglio, quel modello. Menzioni d'onore/runner up: Nathan never e Dragonero, nell'ordine. Il secondo non ha raggiunto i 100 albi regolari, ma ha di fatto superato quella quota se contiamo anche le serie costole, e in ogni caso è molto ben avviato a mio parere almeno a superare 200, se non 300. Non ha dalla sua il tempo fisico (che ha avuto il collega agente alfa) di sviluppare la continuity negli anni, ma è palese come Vietti (autore in comune a entrambe le serie) sia un maestro di un modello di continuity basato sulle saghe portate avanti con indizi su parecchi albi, un altro dei modelli di continuity in Bonelli che ho esposto in precedenza. Questo è il modello che troviamo in Nathan never e Dragonero, un modello complesso e soddisfacente tanto più se riesce (e a volte riesce) a non basarsi solo e soltanto su una saga per volta, ma puntare su più trame o sottotrame insieme. Forse è Dampyr la serie che più riesce invece a portare avanti una continuity stratificata, cioè un mix tra un unicum e più saghe insieme portate avanti contemporaneamente, ma la serie mi è presto scaduta di interesse sia per una dose di azione fine a sé stessa troppo oltre la mia soglia di accettabilità, sia per una esibizione di cultura dell'autore anche questa un po' fine a sé stessa poiché è vero che aggiunge atmosfera ma che non trova un quadro di insieme come invece la trova Martin mystere, sia per un genere alla base (horror) di cui non afferro come possa attrarre, specialmente in un fumetto che non trasmette brividi come può farlo un film (a parte il fatto che non capisco nemmeno i film horror o il perché debba cercare i "brividi": si dice che sia per esorcizzarli, oppure per provare qualcosa di simile a una giostra ad alta tensione, ok ammetto che sono io lontano da quei gusti). Per non parlare della ripetitività dello schema dominante (quando non viene portata avanti la continuity che ho chiamato "stratificata/variegata/a mix") "nuova location/esplorazione del folklore locale/piano del maestro della notte di turno/scontro col maestro di turno che non trova un minimo barlume di senso a mio modo di vedere le cose". Aggettivo che si abbina a questo primo criterio ed eventualmente al tipo di persona che gli dà molta importanza:progettuale.
B) Twist (o "colpo di scena"). Qui per colpo di scena non intendo ribaltoni nella storia a scopo sensazionalistico (a quel punto avrebbe più a che fare col punto A, continuity). Intendo proprio il gusto tipico di una soluzione finale della storia/trama alla Agatha Christie. Intendo cioè uno spiegone, se vogliamo così chiamarlo anche se erroneamente (il termine è usato in maniera negativa in Bonelli perché spesso si fanno dire cose ai personaggi che potrebbero benissimo esser intuite da parte del lettore semplicemente dalle vignette senza bisogno di testo ridondante),uno spiegone finale, quello che rende palese come tutti i punti oscuri della trama trovino un loro posto ben preciso che, incastrati uno con l'altro, danno come soluzione quella spiegata (tanto meglio se il lettore aveva la possibilità, ragionando, di arrivare lui stesso alla conclusione, sulla base di indizi disseminati, non celati, una volta valutati nella giusta ottica e messi in relazione nel modo corretto con gli altri indizi: insomma decisamente meglio se la soluzione finale non casca giù dal nulla e artificiosa). Chi ama i gialli della Regina del Giallo sa di cosa parlo. Ma non necessariamente il genere deve esser il giallo puro, non necessariamente il punto di partenza un omicidio, anche se il genere e l'omicidio meglio si prestano. Ogni genere può avere il suo twist finale: certo, è molto probabile che una investigazione di base di qualunque tipo ci debba essere. E in Bonelli investigazioni di vario tipo non mancano di certo. Personalmente, tutti gli albi o libri o film che più mi hanno soddisfatto hanno avuto un twist finale o una soluzione finale spiazzante e sorprendente ma al contempo pienamente rispettosa degli indizi ben presenti (anche se abilmente occultati, ma non nascosti) spesso interpretati su una chiave di lettura a cui il lettore non aveva sintonizzato la sua mente, seppure in realtà fosse magari la più ovvia (ma ce ne si accorge sempre tardi), la più ovvia se si considerava attentamente cosa muovesse quel singolo personaggio e cosa invece fosse la spinta psicologica di quell'altro personaggio, eccetera. In Bonelli non si trovano storie all'altezza dei capolavori della Regina del giallo in quello che è il suo punto forte, come Il ritratto di Elsa Greer (apice del giallo basato su logica, sentimenti dei personaggi, indizi disseminati da confrontare in parallelo e valutarli sulla base del cosa muove dentro un personaggio), L'assassinio di Roger Ackroyd (apice della soluzione sorprendente e rivoluzionaria e del meccanismo a orologeria del piano dell'assassino per formare gli alibi e degli indizi), Assassinio sull'orient express (apice della sottigliezza morale sul tema della vendetta, tra chi è la vittima e chi l'assassino, altra massima originalità della soluzione, vicenda che resta dentro per l'origine di ciò che ha dato il via alla trama e per ciò che ha mosso dentro l'assassino, altra prova a orologeria degli indizi a incastro e del piano omicida), Dieci piccoli indiani (apice di tensione unita al giallo puro, apoteosi della sorpresa finale, figura dell'assassino iconica indelebile), Poirot sul Nilo (apice del giallo-rosa, amore e investigazione, giallo classico e uso della ragione per inquadrare nella giusta ottica la vicenda e basarsi su questa ottica per interpretare ogni elemento). In Bonelli questo potrebbe essere sfiorato da Julia, o Nick raider, ma mente quest'ultimo è stato troppo poliziesco procedural americano e quindi più inseguimenti a tappeto rispetto alla logica intuitiva del detective, lasciando così poco spazio alla sorpresa finale supportata dalla logica, la prima ha spesso fatto affidamento più sui personaggi e le loro psicologie, su ciò che li muovono dentro per portare a ciò che di delittuoso hanno attuato, a scapito un po' della componente deduttiva, spesso anche qui ai margini, anche se non sottolineerò mai abbastanza quanto sia da elogiare l'approfondimento psicologico (per esempio totalmente assente nel manga Detective Conan, totalmente incentrato sulla deduzione ma senza l'apporto psicologico a fargli da una delle basi, e con storie gialle troppo corte) e il tempo che l'autore Berardi dedica a farci entrare nella sensibilità della protagonista e nelle tematiche che danno origine ai noir di oggigiorno. Quale serie di lungo termine a mio avviso ha incarnato o sta incarnando meglio di tutte allora l'aspetto del twist finale? Brendon. Perché? Perché ho trovato sorprendente come Chiaverotti abbia inanellato una sfilza di albi uno dopo l'altro, la stragrande maggioranza, in cui a storie con uno spruzzo di soprannaturale ha sempre dato poi una spiegazione razionale che la maggior parte delle volte non ha deluso per mancanza di coerenza o credibilità, con l'aggiunta di colpire sempre nel segno della componente sentimentale dei personaggi coinvolti, tutti con quella vena malinconica e spesso dolce che ben si addice al mondo in cui si muovono, un mondo che deve ritrovare la normalità persa nell'immediato o quasi post-apocalittico. Runner up: nell'ordine, Le storie e Julia. Le storie addirittura prima di Julia, nonostante la loro eterogeneità intrinseca? Sì, perché una antologia di one-shot la Bonelli non poteva che farla sotto il segno del colpo di scena finale, magari non a ogni numero, ma nella maggior parte dei numeri. Non essendo interessata la Bonelli al cosiddetto fumetto d'autore (inteso nel senso di "racconto quel che mi pare e piace con la morale di fondo"), ma a un fumetto che sia di avventura, il colpo di scena finale è un marchio di fabbrica spesso necessario nella storia che nasce e muore in 100 pagine e che non deve (non dovrebbe,perlomeno) lasciare "finali aperti/in sorpeso", che invece possono esserci (riprendibili più avanti) in serie potenzialmente infinite. Aggettivo per questo criterio e/o tipo di personalità che lo ricerca e apprezza:logico.
C) Disegni (o comparto grafico nel caso di albi con colorazione. Ma dato che praticamente in Bonelli non esistono né mai esisteranno serie di oltre 100 albi interamente editate a colori, possiamo limitarci a "Disegni") Qui non c'è molto da commentare. Si può certamente dire però che ci sono le soggettività a entrare in campo nell'apprezzamento o meno di uno stile di disegno. Disegni troppo iperrealistici/fotografici/pittorici (tipo Antonio Lucchi o l'ultimo stile di Rosinski su Thorgal) possono sembrare a certi non adeguati al mondo narrativo delle storie a fumetti (molti asseriscono che il disegno deve essere funzionale a una narrazione,quindi,e questo stile può andare benissimo per quadri, ma non per raccontare storie, perché le storie non sono illustrazioni, ma disegni al servizio del racconto in successione, in divenire, e dev'essere di facile leggibilità e immediato allo stesso tempo, senza appesantire l'occhio e la lettura). Disegni non pittorici ma troppo "perfettini", con molta attenzione al dettaglio superfluo della vignetta, possono anche questi risultare indigesti ad alcuni, sia perché appesantiscono per la minore immediatezza, sia perché spesso tali stili di disegno mal si adattano a scene di azione per mancanza di dinamicità/eccesso di staticità, e a volte perché non rendono bene le espressività dei volti e dei corpi e quindi non trasmettono le personalità e stati d'animo. C'è poi chi odia (eccomi qui) gli stili troppo sintetici, che richiedono minor tempo per la preparazione di una tavola, che non lesinano certo in dettagli negli sfondi, ma che spesso sono ottimi (se il disegnatore è valido) nel trasmettere dinamismo, immediatezza e espressività. A volte può capitare che diano la sensazione di "tirati via",come si suol dire. Infine c'è la questione dei neri. C'è chi disegna per sottrazione addirittura, come Roi. Come bilanciare i neri? Sicuramente dipende dalla serie per cui si disegna: serie crepuscolari come atmosfere, come Dampyr, necessitano di più neri, mentre serie più solari o con vene umoristiche, o comunque che non richiedono atmosfere particolari, possono far prevalere il bianco. Generalmente, in linea di massima, uno stile "personale",non "omologato", "riconoscibile", risulta sempre apprezzabile, sebbene poi possa esser più o meno gradevole a seconda dei gusti. Difficile fare una classifica, considerando tutto ciò e,appunto,il fatto che ogni serie ha la sua atmosfera diversa da rendere. Ma se devo essere sincero con me stesso fino in fondo, devo dire che una prova come quella di Ricciardi per lo speciale 4 di Brendon mette d'accordo un po' tutti. Ci sarà un motivo? Oppure perché Dragonero viene sempre indicato come la serie che vanta un comparto grafico tra i migliori? Che sia solo merito dell'ambientazione fantasy che più si presta di altre, ben più mondane (vedi Julia), a paesaggi spettacolari, aperti, di ampio respiro e vari? Influisce certo questo aspetto, ma si può anche dire che Julia è disegnato meglio di Martin Mystere sebbene sia un mondo ancor più ordinario, e che Nathan never non sfrutta appieno le sue potenzialità con un parco disegnatori che non fa faville nel rendere la tecnologia, l'urban thriller futuristico e gli spazi infiniti dell'universo e pianeti vari. Insomma, un certo margine di oggettività esiste. Poi c'è tutta la questione su che peso abbiano i disegni in un fumetto. La definizione migliore che ho trovato in rete è che contano per il 51% (e la storia per il 49%) ma anche la storia conta per il 51% (e i disegni per il 49%). Insomma, contano. Si può certamente esser d'accordo sul fatto che la storia conta sempre più di qualsiasi disegno, senza dubbio, ma si può anche dire che ho notato spesso che molti utenti si sono (giustamente) fatti influenzare inconsciamente nella valutazione di una storia dai disegni se questi erano notevoli. Insomma, a una storia da 7+ disegnata da dio, sei portato a valutarla inconsapevolmente come una 8. Del resto il fumetto è un fumetto e non un libro anche e soprattutto per la presenza dei disegni. Basti poi pensare al perché le copertine sono così curate, così ben colorate: non è in realtà tanto vero che le copertine attirano visivamente un cliente all'acquisto (avevo un'edicola per 4 anni, quindi so di cosa parlo:i clienti fumettari erano molto abitudinari nei loro acquisti,e clienti occasionali praticamente non esistevano), ma più che altro sono essenziali nel dare consistenza corporea all'oggetto che si acquista, nel dargli valore come oggetto in sé: se fossero in bianco nero, o se non ci fossero nemmeno addirittura, le vendite collerebbero. Il loro inganno è che ti portano inconsciamente a pensare che anche l'interno sarà così pregevole, ogni singola vignetta. È un gioco diabolico, ed è in questo senso (non nell'altro di attirare l'attenzione) che le copertine, colorate e curate, sono fondamentali. Quale serie di lungo termine a mio avviso ha incarnato o sta incarnando meglio di tutte i Disegni: Dragonero. Non c'è storia. Un parco disegnatori con pochi elementi sotto la media, altissima. Malisan, Gregorini, Olivares, De Luca, Rizzato, Porcaro, tra i più rappresentativi di un'unione squisita tra dettaglio maniacale, leggibilità, uso sapiente dei neri e dei bianchi per rendere la luce e i suoi effetti, riconoscibilità, dinamicità, espressività. Dragonero è inoltre il primo vero prodotto Bonelli che porta avanti un tipo di colorazione veramente valido per la prima volta in Bonelli e di cura del formato per adattarsi perfettamente a questa colorazione (mi riferisco ai cartonati da libreria che stampano ahimè solo alcune storie della serie: se le ristampassero tutte così, magari due storie alla volta per non fare cartonati esili e ugualmente costosi, io, e non sarei l'unico di certo, le comprerei tutte: troppo adatta come serie alla colorazione fatta come dio comanda). Runner up: Magico vento, e Brendon, nell'ordine. Abilissimi quasi sempre nel rendere l'atmosfera western/cupa/da intrighi nel primo caso (e una ristampa Panini a colori che a mio avviso grida vendetta perché se completa sarebbe stata una gioia per gli occhi, così invece resta solo parziale e quindi semi-inutile), con punte come un Frisenda al top, quindi uno dei top al suo top, e un Brendon con la sicurezza Rotundo, il già citato maestro Ricciardi, l'etereo Franzella, la talentuosa Airaghi, con alcuni altri però non alla loro altezza, sebbene di media sempre adeguati. Aggettivo che si abbina agli amanti del bel disegno e specie a chi gli dà molta importanza: estetico.
D) Mondo Anticipo che questo è il punto che più mi stuzzica in un fumetto. Come poi ripeterò, anche se si intuiva dalla presentazione su Agatha Christie e Il piccolo principe, i miei due lati principali sono il logico e il romantico, ma in tema di videogames e fumetti si scatena il mio lato nerd, quello di evasione in un'altra realtà, interattiva nel primo caso, nel secondo caso non interattiva ma dalle potenzialità pressoché illimitate (a differenza di film, che devono sottostare alla tecnologia disponibile e richiedono tempi lunghi di lavorazione, e libri, dove si lascia tutto all'immaginazione dell'utente, il fumetto ha la carte adatte per sfondare nel worldbuilding più selvaggio,contando su tempi di lavorazione brevi rispetto a serialità di film,nessuna limitazione se non la fantasia degli autori,e la carta non indifferente dell'immagine per rendere il mondo virtuale più protagonista rispetto ai libri) e più facilmente narrabile e narrativa che nei videogames. Cosa si intende con Mondo, worldbuilding? Un po' la stessa cosa della continuity relativa alla storia, ma stavolta relativamente all'ampliamento coerente (tale da non cadere nel "mettiamoci dentro qualsiasi cosa a caso") delle basi da cui si è partiti per partire con esplorazione di ambientazioni di tale mondo, ognuna con le proprie vicende, come se vivesse di vita propria rispetto al mondo che la contiene, ma in sinergia e in coerenza con esso;ma non solo:anzi soprattutto, con serie spinoff che vadano ad approfondire vicende di personaggi al di là del protagonista di testata, o eventi passati, o chissà, futuri. Insomma, il punto è: far sembrare il mondo un organismo di vita propria pulsante, con le parole coerenza e sinergia ben in mente: non deve apparire un minestrone eterogeneo, e ogni parte è ideale che sia funzionale, "in continuity", per rendere l'idea, col mondo in generale, avere cioè un suo ruolo specifico, non solo metaforicamente un'isola senza collegamenti. Ciò che ho appena elencato sembra evidentemente essere appannaggio di mondi fantasy o al più fantascientifici, ma non è esattamente così, anche se sono naturalmente avvantaggiati. Un ampliamento e un maggior respiro ci può essere per esempio anche con una semplice, sebbene non granché sinergica e dallo stile equivalente alla serie regolare, esplorazione di una collana almanacchi e speciali di una Julia universitaria alle prese coi suoi primi casi. È un esempio che non dà molto worldbuilding, ma un piccolo contributo alla sensazione di una maggiore completezza lo dà. Cito l'occasione mancata di Brendon per provare a esplorare altri cavalieri di ventura e spingersi oltre la Nuova Inghilterra:una cosa che se fatta poteva dare valore aggiunto, ma che anche se non fatta nulla ha tolto a una serie che ha perseguito altri obiettivi e si è concentrata sul far bene quelli, visto anche il singolo sceneggiatore coinvolto già alle prese con 7 lavori annuali in solitaria. Penso come esempio perfetto, invece, al futuro Cronache dell'Erondar, forse ciò che più si avvicina a ciò che intendo suggerire con il worldbuilding:i racconti non saranno probabilmente in sinergia con la serie regolare, ma di sicuro potranno dare molta credibilità e far diventare più protagonista l'Erondar rispetto all'abitudine della centralità totale del titolare di testata. Con le potenzialità immense di Dragonero, già in parte ben sfruttate finora, Nathan never non è da meno, e ha ben presto messo in chiaro le sue ambizioni. Ne è testimonianza Cronache del futuro,Cronologia dell'universo di Nathan Never,libricino di Serra che a soli 4 anni di vita della testata era prova di una progettualità di un mosaico in cui non tanto una singola storia in sé, ma la storia del MONDO emerge come la figura centrale. Ciò emerge parecchio nei primi anni editoriali della testata, dove ogni numero andava a formare continuity e/o a rendere pulsante di vita propria l'universo di futuro prossimo venturo di Nathan. Le testate satellite, finora le più numerose in ambito Bonelli, sono la naturale prosecuzione di quella visione autoriale, anche se testate con grandi potenzialità come Agenzia alfa e ancor più Universo alfa sono state nel primo caso spesso contenitori di storie minori, più di azione, andando a essere ridondanti essendoci già i Maxi come centro raccolta di storie da magazzino filler e di stacco dalle saghe in corso sulla regolare (chiamiamole "avventure ordinarie della quotidianità dell'agenzia alfa":viste così assumono un loro senso e ruolo), e nel secondo caso non sfruttate fino in fondo, con trame lasciate in sospeso e con la collana prematuramente chiusa. Come non citare Martin Mystere:le sue storie a metà tra cultura,mistero,curiosità,scienza,storia e fantasia,hanno creato un collage che potrebbe definirsi una storia alternativa dell'uomo e della Terra, dell'uomo sulla Terra e di tutte le leggende che lo compongono che diventano vive e parte del mondo di Martin,che è anche il nostro mondo. Un fascino innegabile,da sedimentare sempre più a ogni anno di uscite in edicola, ma che spesso diventa difficile portare avanti con coerenza, vuoi per la diradazione ma soprattutto per certi elementi che diventano ormai rami secchi perché non portati a compimento con delle risposte o dei seguiti o spiegazioni, e che hanno come effetto collaterale il rovinare in parte il lavoro fatto su tutti gli altri elementi: in un mondo virtuale dove tutto si dovrebbe incastrare in maniera pacifica con tutto il resto, un ramo secco va a influire negativamente sul quadro generale. C'è poi chi,non sapendo più come gestire un qualcosa di troppo complesso e con troppe cose lasciate in sospeso,decide di sfruttare il concetto del multiverso, e così si può ripartire più liberi dal dover rispettare la coerenza interna di amalgamare anni precedenti accumulati. Un esempio perfetto di ciò che intendo con worldbuilding potrebbe essere il mondo di Star wars,perfetto per creare questo 'amalgama vario" nei fumetti, ma il tipo di storie mi sono sembrate un po' infantili e senza spessore. Le potenzialità più alte sono ora nelle mani di Dragonero,ma ora come ora... quale serie a lungo termine incarna meglio in Bonelli il concetto di mondo virtuale pulsante di vita propria? Alla luce delle considerazioni già fatte: Nathan never. Runner up,nell'ordine: Dragonero e Martin mystere. Aggettivo per questo criterio e persone che lo sentono affine a sé: Nerd, nella sua accezione neutra.
E)Cultura Ossia,tutto ciò che ci insegna qualcosa su chi siamo,come funziona l'essere umano nella sua essenza,e sul mondo dove viviamo. Questo include quindi tanto informazioni su luoghi,personaggi,oggetti,scoperte,tradizioni,leggende,meccanismi sociali e avvenimenti presenti e passati (tutto ciò sul nostro pianeta Terra,niente di inventato quindi),quanto il cosiddetto lato morale,quindi cosa una storia ci vuole insegnare su questioni più o meno filosofiche. Naturale pensare,nel primo caso,a Dampyr,fumetti storici in genere, ma soprattutto al tuttologo Martin Mystere. Naturale pensare,nel secondo caso,a Dylan Dog.Questo e i prossimi due criteri sembrano almeno in parte predestinati a essere abbinati all'inquilino di Craven Road 7,ma cercherò di sottolineare come lo trovi estremamente sopravvalutato,e non mi meraviglia affatto che sia finito nelle mani di Recchioni,perché fatto della stessa pasta del nonsense tipico di Sclavi,dove poteva benissimo esistere una storia senza trama alcuna,ma anche senza nessun colpo di scena finale,e senza caratterizzazioni di personaggi che lasciano il segno,e anche senza una morale chiara.Pure senza azione,che almeno quella il Rrobe è bravo a metterla ovunque in albi che si leggono in 10 minuti.Restava solamente un umorismo fine a sé stesso.Chiariamoci:una delle mie storie preferite di sempre Bonelli è Nobody di Bilotta,numero 10 de Le storie.Una non-storia,un vagare per mare senza senso.Ma il finale dona tutto il senso del mondo all'albo,una metafora della vita unica e di una struggenza da lasciare il segno con quel Nobody personaggio indelebile.Non ho mai visto ciò in Dylan dog,anche se vorrebbe essere Nobody in ogni suo numero non dichiaratamente splatter (splatter che è uno dei motivi per cui non mi sono mai veramente avvicinato alla serie:quale sarebbe l'attrattiva dello splatter?è addirittura minore dell'attrattiva di un fumetto erotico).Penso sia figlio del suo tempo,nel senso che fino ad allora non si era mai visto un fumetto di quel tipo,abituati a Tex,Zagor e Mister no,con Ken Parker non propriamente Bonelli (altrimenti è Ken Parker il vero fumetto di taglio con la tradizione western/avventura pura nell'America selvaggia).Ha avuto presa sugli adolescenti di allora,più di Martin Mystere che evidentemente era troppo verboso e meno ciulatore di Dylan.Quel che voglio affermare è principalmente che Dylan dog è del tutto sostituibile in una miglior versione dall'unione di Napoleone,Brendon e Julia,con in parte,se vogliamo,lo stesso Martin e Le storie.Napoleone perché lo surclassa per spunti filosofici con storie che sono anche storie,e su più piani con il parallelo onirico che a volte sa sposarsi perfettamente al reale come nella magnifica indimenticabile storia numero 2,Il cavaliere senza nome.Brendon per l'aspetto del soprannaturale che poi si rivela razionale.E quando in dylan dog il soprannaturale resta tale,con quei finali contro-finali,non fa altro che far cascare le braccia.Julia per tutta la questione delle psicologie molto meglio delineate,della protagonista ben più sensibile,dei misteri più concreti,del noir senza horror inutile,delle questioni nere dell'animo umano meglio tratteggiate.Martin mystere e Le storie lo soppiantano poi anche rispettivamente nel miglior umorismo dell'elettico istrionico personaggio di testata e nel miglior trattamento riservato all'indagine sull'occulto,e nella imprevedibilità,garantita con la qualità di autori validi come Barbato,Simeoni,Bilotta e Accatino che hanno dato il loro peggio su un personaggio che li ingabbia, non loro e che non sentono proprio, e hanno dato il loro meglio appena li hanno lasciati liberi di esprimersi su una collana a tema libero. Non un caso. Non c'è niente in cui Dylan dog primeggi,quindi. La combo proposta lo oscura del tutto, a fronte anche di poche storie valide su una caterva di cestinabili e con un tentativo protratto di dare continuity a una testata che niente ha a che spartire con la continuity (geniale Recchioni). Quindi,tornando al criterio E,quale testata di lungo corso ha saputo incarnarlo di più?Martin Mystere. Un continuo stimolo a conoscere cosa ci circonda nel mondo e come l'uomo ha agito nel corso della storia,con punte fenomenali quando entra in campo la scienza e la fanta-scienza,il tutto in un mix di vero e inventato per stimolare il lettore più curioso di scoprire cosa ha mosso i personaggi più intraprendenti nel voler scoprire più di sé e di cosa ci circonda. Napoleone non inserito perché non vera e propria serie Bonelli,limitata come è a 54 uscite,e anche per un equilibrio di convivenza tra piano onirico-filosofico e storia raccontata più volte forzata e non ben amalgamata. Un matrimonio imperfetto. Runner up:Julia e Magico vento,nell'ordine. La prima per i motivi già esposti,per essere attuale,per parlare dell'anima delle persone,e per infondere una sensibilità che sa essere una valida indicazione di stile di vita per molte persone che la apprezzano. MV perché ci porta in un'epoca storica,alla conoscenza di culture di un tempo e ambientazioni fedelmente ricostruite,con vari personaggi molto umani,anche storici,e spesso ci lascia una morale di fondo.Abilissimo sfruttamento di un contesto reale con inserimento di personaggi di fantasia che avranno un impatto nelle pieghe della Storia. Aggettivo abbinato al criterio e suoi fan:colto.
F)Feelings Il lato romantico. Per certi versi il più importante. Una storia può essere un meccanismo a orologeria, ma se nessun personaggio rimane impresso a lungo,non ha centrato in pieno il suo obiettivo.Una storia che fa piangere nel finale,per esempio,è sintomo di una buona storia,anche perché è molto raro che si pianga in generale nella vita,e in generale per un fumetto.Albi come L'ultima onda di Nathan never sono indimenticabili proprio perché ti portano all'essenza dell'anima umana, al suo nocciolo,al suo lato più intimo,al lato malinconico che contraddistingue il passare del tempo in una vita a cui tu devi dare il tuo senso ma che ti fa pensare alle occasioni sprecate passate,ai "e se . . ." e al chiederti chi sei davvero e quale sia il tuo destino qui e dopo. E qui sta all'autore trasportare i suoi sentimenti nelle parole dei personaggi per renderle toccanti nel contorno di una storia credibile che dia motivo di far dire quelle frasi. Quale serie a lungo corso ha meglio trasmesso le emozioni dei personaggi, principali e secondari succeduti di volta in volta nelle storie? Julia. La tanto bistrattata criminologa che tanto sta antipatica alla maggior parte dei lettori di sesso maschile, ha incontrato un pubblico femminile vasto per il mercato fumettistico attuale, più altri di sesso maschile, che hanno trovato subito sintonia con una persona che sembra essere la più credibile e possibilmente vera tra tutti i Bonelli.Grande merito del diario di Julia usato sotto forma di didascalie. È vero che la giovane prof è troppo perfettina e molte sue situazioni sono ripetute alla nausea,come incubi,nonna,Ettore e Seven,ma la sensibilità e delicatezza che traspare è unica.I personaggi protagonisti di volta in volta delle trame sono sempre caratterizzati più che bene,più volte lasciano il segno perché ciò che li ha spinti ad agire è comprensibile se si analizza la situazione in cui erano. Runner up:Brendon e Le storie. Personaggi tragici,malinconici,indimenticabili anche se a volte troppo marcati nei due tratti appena citati,esagerando un po' per troppa enfasi.Sicuramente non gradevoli agli occhi di chi li vede come perdenti.Ottimi per chi ne intravede la dolcezza di fondo.Indimenticati ad esempio Anja e la compagnia del quarto speciale,dove ancora una volta protagonista è il tempo che passa con le conseguenze negative. Le storie,essendo one shot di avventura, così come devono puntare su twist finale risolutore, altrettanto devono puntare su uno o più caratteri che lascino il segno.Obiettivo non sempre riuscito,ma quando si riesce è un bel leggere. Aggettivo abbinato:romantico.
Edited by julianross11 - 15/8/2019, 18:39 |
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